Spalle al muro di una terra promessa.
Un portavoce che in due anni, è riuscito a dipingere quadri della realtà contemporanea portando al centro le canzoni.
La lontananza dei poli del Festival e della musica ne impedivano il magnetismo.
Nuova vita a una canzone che sembrava arrendersi alla provincializzazione e alle onde già sulla sabbia, rimanendo attonita ai mutamenti indipendenti e ai percorsi individuali.
Merde d’artista, pipe surrealiste, chiasmi, architetture neoclassiche e selve oscure.
Claudio Baglioni riesce a raccordare tutto, sotto il segno della sua consapevolezza più ampia.
La strada solcata, i risultati ottenuti e le sovrapposizioni di prospettive sperano una luce non definitiva e ancora bisognosa.
La sensazione è che l’unico in grado di controllare questa architettura sia colui che ne conserva la visione.
L’ingenuità non passa mai è un po’ come la timidezza e la voglia di continuare a crederci.
Davide Di Cosimo